
La Chiesa celebra oggi il compimento celeste della esistenza terrena di Maria, la madre di Gesù, il Figlio di Dio. Non sono i racconti evangelici a darci prova di questo evento, ma la coerente comprensione della fede, attestata da una tradizione ininterrotta, e confermata dal fatto che non esiste una tomba né un luogo che ricordi la sepoltura di Maria.
Nel 1950, papa Pio XII proclamava solennemente: «l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (Cost. Ap. Munificentissimus Deus, 1 nov. 1950). Senza specificare il modo della conclusione del corso della vita terrena di Maria – morte o dormizione –, veniva affermata la piena partecipazione della Vergine santa al destino glorioso del Figlio. Partecipe della sua morte e risurrezione, ella è stata assunta nella gloria del cielo in anima e corpo.
Nel brano evangelico della visitazione di Maria, sulle labbra della cugina Elisabetta compare un’espressione che ci fa intuire questo destino straordinario: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Poiché Maria è stata la perfetta credente, per lei valgono pienamente anche le promesse della fede: è beata nella gloria celeste presso Dio. L’intimo legame col suo Figlio, grazie alla sua maternità divina, fa sì che sia resa partecipe dello stesso destino ultimo.
Oggi contempliamo Maria là dove noi tutti siamo chiamati, quando sarà concluso il nostro cammino terreno. Perciò la liturgia ci invita a guardare a Maria come “segno di consolazione e di sicura speranza”: dov’è lei, accanto a Gesù, saremo anche noi, nella pienezza della vita.
Maria sta dalla parte delle creature: non è una divinità femminile, né la femminilità divinizzata. Perciò, teniamo ferma la nostra fede nella potenza della grazia di Dio, che ha ricolmato di doni quella ragazza di Nazaret, “piena di grazia” e “assunta nella gloria”, che ci è data come madre, perché seguiamo il suo Figlio sulla via dell’amore.
La visita ad Elisabetta ci ricorda che la prima risposta di Maria al dono della concezione di Gesù è la carità verso la cugina, in attesa come lei di un figlio non immaginato. Entrambe portano in grembo un dono inatteso, differente per l’origine fisica, eppure simile per la provenienza divina. L’anziana sterile e la giovane vergine accolgono e si incontrano: è il segno della nuova umanità. Il Signore fa sorgere dal basso ciò che dona dall’alto, nei modi che lui solo sa fare.
Preghiamo Maria con la più antica preghiera della tradizione cristiana, affinché continui ad accompagnarci sulla strada che ella ha felicemente terminato: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta».
don Maurizio Gronchi
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